Chiunque si rechi a Malmantile, non può non restare incantato da questo piccolo, raccolto borgo medievale che conserva ancora in modo eccellente le proprie mura originarie. L’agglomerato nasce probabilmente come forte militare della Repubblica Fiorentina per controllare la Via “Vecchia Pisana”, la strada che da Firenze conduceva a Pisa. La cinta muraria risale al 1424 e pare che Filippo Brunelleschi (1337- 1446) ne abbia supervisionato i lavori per la realizzazione. Della fortificazione originaria è conservata oggi tutta la parte di pietrame sfuso, mentre rimane visibile solo una piccola parte delle mura difensive a sporgere. La cinta muraria è completata da torri quadrate poste ai quattro angoli e da due torri rompi-tratta senza lato interno poste al centro dei lati maggiori.
Malmantile in origine era rappresentato da un’antica stazione di posta e da alcune case sparse lungo la vecchia via Pisana. La tradizione vuole che Sant’Ambrogio, di passaggio per il contado fiorentino, si fermasse in una locanda presso l’attuale borgo. Il futuro vescovo di Milano chiese all’albergatore come se la passasse. L’uomo rispose che non c’era da lamentarsi, in quanto Dio gli aveva dato una vita senza grosse preoccupazioni. Sant’Ambrogio pensò che solo il diavolo, presente in quel luogo, poteva aver reso possibile un’ esistenza piena unicamente di cose positive. Ripreso il viaggio lanciò una maledizione contro la casa del locandiere. “Mala Mantilia!” disse, “maledetta tovaglia” intendendo sottolineare con questa invettiva la malvagità dei suoi ospiti. Dopo le parole di Sant’Ambrogio la casa dell’albergatore sprofondò nelle viscere della terra portando con sé l’uomo e tutta la sua famiglia. Una lapide posta su un tabernacolo subito fuori le mura di Malmantile ricorda ancora oggi questa leggenda. Il Repetti, autore del celebre Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana (1835), parla del paese come di un “Castello semidistrutto e disabitato con sottostante chiesa parrocchiale. (…) La fortezza di Malmantile posa sul dorso pietroso dei poggi che a sinistra fiancheggiano la lunga e tortuosa gola della Golfolina”. In effetti alla metà dell’Ottocento, i viaggiatori che si fossero avventurati sulle colline che dividevano la Lastra dalla Ginestra Fiorentina sarebbero rimasti colpiti dalla potente cinta muraria messa a difesa di una contrada sostanzialmente disabitata, lontano dai maggiori centri abitati della Piana.
Queste lande desolate avevano però acquistato fama nazionale grazie all’opera burlesca di Lorenzo Lippi, “Il Malmantile racquistato” pubblicato nel 1665. Il soggetto – la riconquista della città da parte di una regina cacciata da un’usurpatrice – è ricco di riferimenti alla cultura e alla lingua fiorentina e l’Accademia della Crusca ha da sempre ritenuto quest’opera un documento fondamentale per la costruzione e la divulgazione della lingua italiana.
“Risiede Malmantil sovra un poggetto:
e chiunque verso lui volta le ciglia,
dice che i fondatori ebber concetto
di fabbricar l’ottava maraviglia.
L’ampio paese poi, che egli ha soggetto,
non si sa (vo’ giuocare) a mille miglia:
v’è l’aria buona, azzurra oltramarina:
e non vi manca latte di gallina.”
Anche Carlo Goldoni ricorderà Malmantile scrivendo il libretto “Il mercato di Malmantile”, dramma giocoso per musica rappresentato a Venezia nel 1758.
Vittorio Alfieri, a proposito di quest’opera, vista al teatro Carignano di Torino nel 1762, ebbe a scrivere: “………Quella musica, ed era il Mercato di Malmantile, (…) mi lasciò una così profonda impressione, e per così dire come un solco d’armonia nella mente, e in ogni più ascosa fibra, che per più settimane rimasi in una malinconia straordinaria, e in una totale svogliatezza di ogni studio; ma col capo ripieno di fantastiche idee.”
Lasciando da parte leggende e riferimenti letterari e venendo ai dati storici, sappiamo che il castello di Malmantile, fu costruito all’inizio del Quattrocento per difendere la Repubblica Fiorentina da Pisa, a completamento del sistema di difesa che includeva Lastra a Signa, Montelupo ed Empoli. Il presidio, lodato per la sua posizione da molti stateghi militari – nel settembre del 1869 venne inscenata una finta battaglia tra gli ufficiali artiglieri di Nino Bixio e Cadorna, attestati gli uni a Malmantile, gli altri a Montelupo – perse d’importanza dopo che Pisa venne assoggettata alla città del Giglio e soprattutto dopo che venne aperta la strada tra Porto di Mezzo e Montelupo nel XVIII secolo, declassando di fatto l’antica via Pisana che passava tra i colli lastrigiani.
Nell’Ottocento il borgo, era dominato da alcune potenti famiglie fiorentine tra cui i Frescobaldi. La chiesa della cittadina è chiamata San Pietro in Selva e venne fondata nel 1276. Carlo Pini nel “Compendio di storia civile ed ecclesiastica dei due comuni della Lastra a Signa e di Signa”, descrive l’edificio “di figura rettangolare, e pulita decentemente, ed è decorata di tre altari”. La chiesa venne completamente ristrutturata tra il 1955 e il 1956, cercando di restituirle l’originario aspetto medievale e togliendo le sovrastrutture sei-settecentesche che erano state inserite.
L’edificio sacro più importante del castello è comunque l’ex monastero di Lecceto, che venne costruito alla fine del Quattrocento. La fondazione del monastero non sarebbe stata possibile senza i finanziamenti di Filippo Strozzi, personaggio che si compromise per le sua militanza nel fronte antimediceo e finì i suoi giorni in carcere. Fu il nobile banchiere fiorentino a volere le decorazioni di Benedetto da Maiano e la pala d’altare di Domenico Ghirlandaio, opere scomparse nell’Ottocento. Il monastero, recentemente restaurato, era stato soppresso in epoca napoleonica, andando incontro ad un lungo periodo di decadenza. Nel 1875 venne acquistato dall’arcivescovo di Firenze, e trasformato in un soggiorno estivo del Seminario maggiore. Oggi Lecceto è un centro di esercizi spirituali intitolato al cardinale Elia Della Costa.
Fonti: